L' India getta la spugna e annuncia la chiusura ufficiale della missione Chandrayaan-1, la sonda lunare che Nuova Delhi ha lanciato con grande enfasi nell'ottobre dello scorso anno. La sonda, che pesa una tonnellata e carica 11 strumenti tra cui uno spettrometro di ultima generazione per l'individuazione dei campi minerari, avrebbe dovuto preparare la strada allo sfruttamento delle risorse del nostro satellite. L'Organizzazione spaziale indiana (Isro) guidata da Madhavan Nair, è stata invece costretta ad annunciare la chiusura della missione, dopo che per oltre 48 ore è stato perso il contatto radio tra la sonda e la rete Deep Space Network, la rete internazionale di antenne paraboliche che permette di comunicare con le sonde interplanetarie. Il direttore dell'Isro, S. Satish, ha spiegato che dopo i problemi ad un'antenna risolti alcuni mesi fa, questa volta è stato il computer di bordo a registrare un guasto irreparabile. ''Utilizzeremo i radar di Russia e Usa per seguire il percorso del satellite che orbiterà ancora per un anno attorno alla Luna'' e si schianterà quindi sulla sua superficie
Nel segno di Nehru
La missione, del costo di 80 milioni di dollari, era iniziata il 22 ottobre con il lancio di Chandrayaan-1 da un poligono dell'India orientale. Satellite senza equipaggio, aveva girato molti giorni attorno alla Terra prima di entrare nello spazio lunare il 4 novembre. Si era in seguito stabilizzato a 385mila chilometri dalla sfera terrestre, prima di inviare la sonda incaricata di effettuare i primi test sulla superficie lunare. L'idea arriva da lontano: già Jawaharlala Nehru, il fondatore dell'india moderna, rifletteva sulla necessità di esplorare il sistema solare addirittura nelle sue lettere dal carcere britannico (1930) e, una volta diventato primo ministro, manifestò una tale ammirazione per il programma spaziale sovietico da chiedere e ottenere una visita a Delhi di Yuri Gagarin. La visione di Nehru ha segnato la via indiana allo spazio, passata attraverso il primo cosmonauta indiano del 1984 (a bordo di una Soyuz sovietica), alla tragica fine della giovane Kalpana Chawla morta nel 2003 nel disastro del Columbia ma anche attraverso una lunga serie di satelliti messi in orbita con successo..